Il mais è una componente importante nell’alimentazione delle popolazioni friulane. Sono molte le fonti nelle quali si evidenzia il legame di queste terre con il mais e la farina che da esso si ricava. Nell’ “Inchiesta Jacini” del 1882 – che ho trovato citata nel Cibario del Friuli Venezia Giulia – si sottolinea che “il contadino (friulano) insacca la polenta nel suo stomaco e raramente alterna o mescola questo cibo con altri. Tanto ci è ormai avezzo che, nei primi tempi del servizio militare, benché meglio nutrito senza paragone, patisce la fame“.
Oggi la dieta delle genti friulane è fortunatamente più ricca e variegata, ma la farina di mais viene ancora largamente utilizzata in molte preparazioni gastronomiche tradizionali. A far da regina, ovviamente, sulle tavole della regione, è ancora la polenta.
La polenta non è sempre stata fatta con la farina di mais. Il mais, importato dall’America con il secondo viaggio di Cristoforo Colombo, restò per molto tempo relegato nei giardini botanici. Solamente nel 1550 si fecero i primi esperimenti di coltivazione in Italia, nel Polesine e nel Basso Veronese. Si ha certezza che nel 1620 il mais era presente nei mercati di Udine.
Ma ben prima di questa data la storia della polenta era già cominciata. I romani la preparavano già la pultes usando la spelta che, se condita, veniva chiamata pultes iulianae, il che ci fa subito notare quale forte legame intercorra tra questa pietanza e le nostre terre.
Anche in Friuli, prima dell’arrivo del mais (e in molte zone anche dopo), la polenta si faceva con la spelta o con altri cereali minori quali la saggina e il grano saraceno.
Tra le diverse farine specifiche per polenta che si producono in regione, vi segnalo la Blave di Mortean, una farina da polenta ottenuta da varietà autoctone di mais coltivato secondo un regolamento produttivo codificato, in terreni del comune di Mortegliano, in provincia di Udine.
Ottimo è anche il mais da farina di polenta che si coltiva in Carnia e il Mais di Resia. Varietà locali selezionate, caratterizzate da un equilibrato valore organolettico, dal contenuto proteico medio-alto e da una maggiore percentuale di fibra.
Trovate il mais e i prodotti da esso derivati negli stand di Friuli DOC l’evento enogastronomico in programma a Udine in questi giorni e fino a domenica 15 settembre.
Per parlarvi della farina di mais, ho voluto presentarvi un’altra ricetta che fa parte dei miei comfort food preferiti. Semplicissima da preparare, si tratta di una sorta di zuppa morbida di polenta che si serve con un goccio di latte freddo. Un piatto poverissimo di tradizione contadina. Ho avuto modo di assaggiarlo sia in Friuli che nel goriziano. Ma anche in Carinzia. Ne esistono numerose varianti arricchite con la zucca, con il riso, con la brovada, con i fagioli e anche con le prugne, ma io vi presento la versione più semplice e basilare. Proprio come piace a me!
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Zuf (o Suf)
Ingredienti per 4/6 persone
175 g di farina gialla di mais per polenta
125 g di farina bianca 00
25 g di burro
500 ml di acqua
500 ml di latte
sale
latte freddo, a piacere
Nel paiolo di rame, o in una pentola capiente, unire l’acqua e il latte freddi.
Porre il paiolo sul fuoco e portare a ebbolizione su fiamma moderata.
In una terrina mescolare le due farine. Una volta raggiunto il bollore, salare e, mescolando con una frusta per evitare la formazione di grumi, versare le farine a pioggia. Portare a cottura mescolando spesso.
Dopo circa 40 minuti di cottura, aggiungere il burrro.
Servire il zuf in scodelle monoporzione, versandovi sopra del latte freddo a piacere. [/box]
Io preparo il Zuf quando ho voglia di una ricca prima colazione (abitudine che ho imparato in Carinzia), ma è perfetto per una cena riconfortante. Se volete inserire questo piatto povero, ma molto interessante, in un pasto con gli amici, Giulia ha pensato per me un abbinamento con un elegante vino friulano: un Pinot Grigio spumante. Spumantizzato secondo il metodo classico, questo vino combina eleganza e complessità, piacevolezza immediata e profondità sensoriale. Il colore giallo paglierino intenso e il perlage fine e persistente fanno da preludio a un naso ritmico e vibrante, caratterizzato da fragranti profumi di frutta a polpa bianca arricchiti da ricordi di frutta secca ed erbe officinali. Al palato risulta avvolgente e dinamico grazie a freschezza e sapidità in grado di sostenere e prolungare i ricordi aromatici di frutta croccante già avvertiti al naso. Perfetto per i piatti con condimenti e intingoli succulenti!
Comunque il Goriziano è una porzione di Friuli…e non una regione a parte! 😉
Ciao Luca, ti ringrazio per la tua precisazione! Gorizia fa certo parte del Friuli Venezia Giulia, anche se, per me, quando dico goriziano penso a una determinata zona con caratteristiche e peculiarità diverse (soprattutto dal punto di vista culinario che è il settore che a me è più caro) che, nel mio modo personale di considerare la nostra regione, ben si differenziano da quello che io definisco Friuli e quindi la provincia di Udine. Lungi da me però fare campanilismi, che ho sempre detestato. La mia regione, la trovo unica e particolare proprio per le peculiarità che la contraddistinguono e che sono diverse da zona a zona…
Sai che anche da noi usa un piatto simile? Lo faceva mia nonna, una sorta di polentina morbida cotta nel latte e servita calda con il latte freddo sopra 🙂 Semplice ma molto nutriente.
Mi piace molto scoprire queste somiglianze fra le regioni dell’Italia 🙂
Buona domenica
Ciao Daniela, esattamente la stessa! Sì molto semplice, ma quanto è buona! Non vedo l’ora che venga l’inverno per prepararmela nelle sere in cui ho bisogno di coccolarmi! 🙂